Scianna, Sciascia, Borges, Huppert, Béart
Sottotitolo: quel che fu, fu.
“Dodici euro compresa l’audioguida raccontata da Ferdinando Scianna stesso”, mi dice l’impiegata della Gam di Palermo.
E basta quel “raccontata” affinché io, che di solito non prendo mai le audioguide perché voglio sempre fare quello che fa per sé, mi ritrovi con un aggeggio appoggiato all’orecchio, filo diretto con Ferdinando Scianna. Per comprendere subito, esperienza inedita, che non si tratta di una normale spiegazione delle opere esposte ma di un racconto, appunto, che mi seduce con voce sicura, seguendo i fili tematici della mostra per poi abbandonarsi alla rievocazione della pratica del proprio mestiere: molti viaggi, molti ritratti, molto vissuto. E il bello, il giusto, è che sembra lo stia raccontando proprio a me, adesso.
Con il quaderno in mano, un po’ storto, inizio a segnarmi alcune cose (“Quando mio padre seppe che volevo fare il fotografo disse: Ma che lavoro è? Uno che ammazza i vivi e resuscita i morti“) ma poi capisco che non c’è modo di fermare il flusso, e mi ritrovo a passeggiare tra le sale e le fotografie, cullato da “Scianna stesso”. Molto bello. E quando più tardi chiederò all’impiegata se esista una versione scritta di questa audioguida (“o anche un mp3, un podcast, una cosa”), e lei mi risponderà “No, mi spiace, le cose che racconta sono sparse nei suoi libri”, sorriderò e penserò Meglio così. Quel che fu, fu.
“Vidi le due bambine davanti all’urna con il Cristo morto. C’era una foto. Mi avvicinai. Ma con la coda dell’occhio vidi Leonardo che arrivava. Seppi in pochi attimi che si sarebbe inserito nella scena. Nel momento esatto in cui il suo corpo componeva una struttura a piramide con le due bambine e armonicamente entrava in relazione con tutti gli elementi formali della scena, si girò a guardarmi. Scattai”.
“Incontro Borges sulla terrazza del suo albergo davanti a un nitido mare. La giornata è radiosa. Lui sembrava bere quella particolare fragranza dell’aria, diceva di sentire che il cielo doveva essere azzurrissimo. Si volse verso il sole, la cui luce ignorava, ma di cui sentiva il calore, e cominciò a declamare: Dolce color d’oriental zaffiro… Dante, Purgatorio, canto primo, precisò con un sorriso timido”.
“Il tema era l’amicizia. Entrambe si erano scelte per farsi fotografare insieme. E il tema dell’amicizia, della reciproca stima lo hanno entrambe recitato a fondo durante il tempo della ripresa. Quando dico recitato, non intendo affatto che non fossero sincere. Tutt’altro. Però, in quanto attrici, se non in quanto amiche, ciascuna, naturalmente, cercava di recitare la sincerità del loro rapporto meglio dell’altra. Bella competizione, ne ho beneficiato”.