Finisce ma non finisce
Un mese di pallido lockdown, passato così. Così. Tanto lavorato e poco dormito, va bene. Un mese di pallido lockdown, cioè: fuori casa ore d’aria, baguette e spese non proprio bio, dentro casa ore allo schermo, cervicali e cuffie che lasciano il segno sul cranio. Un mese di lockdown, al rallentatore. Ho dimenticato le facce delle persone, facce amiche e facce conoscenti. Che fanno, dove sono, che pensano.
Routine, moltiplicata all’infinito. Alleno il mio corpo nello spazio in cui mangio, in cui lavoro, in cui penso. Apro molto le finestre. Tanti caffè, sul balcone, a fissare i dirimpettai, il vuoto, qualsiasi cosa. Picco emotivo della giornata: ogni mattina, alla stessa ora, un giovane uomo parcheggia la sua bicicletta davanti al palazzo di fronte, si slaccia il casco, si leva i guanti, ripone la chiave della catena nello zaino, entra nello studio di architettura. Sempre gli stessi gesti. Se dimentica un gesto, sto male. Se arriva più tardi, sto male. Se salta un giorno, sto peggio.
Finisce così, riaprono i negozi, tante fanfare e tante mail: Nico vieni a trovarci, abbiamo un sacco di offerte, Nico dai, abbiamo riaperto hai capito?, abbigliamento ma per cosa, cose di casa ma per chi, smartphone ma perché. Riaprono i negozi e tutto il resto è chiuso, riaprono i negozi e altri esultano, riaprono i negozi e io ho dimenticato le facce degli altri. Che fanno, dove sono, che pensano.
Oggi finisce il secondo pallido lockdown, finisce ma non finisce, Parigi è sfregiata dalle violenze della polizia, inaudite, vergognose, il potere permette e condanna, l’osceno sta tutto in questo ossimoro, con una mano bastoni e con l’altra accarezzi, fino a quanto può durare?, e intanto da oggi il tempo e lo spazio si moltiplicano, un’ora per tre, un km per venti, questo è il saturimetro delle nostre libertà, va bene, possiamo anche imbrogliare, possiamo aggiungere altre ore e altri km, sperando di non essere beccati dalla polizia, che poi non sai come reagisci e magari ti ritrovi l’esercito in casa con le bombe a mano e la tua faccia tumefatta sulle prime pagine dei giornali, sì, altre ore e altri km, mi avvito nei calcoli e nelle mappe mentali senza uscita, finisce ma non finisce, dal setaccio sopravvive solo un’idea: camminare camminare e camminare, ma la verità è che non so proprio dove andare.